giovedì 15 gennaio 2009

Guerra di parole

Essere politicamente scorretto è un titolo di merito in una società che celebra la correttezza come piattezza e omogeneizzazione delle opinioni (pure dello stile che si usa per esprimerle). Benedico i commenti rudi e arguti che possono urtare la mia sensibilità e indurmi a riflettere se ciò che ritengo assodato è davvero solido e a vederlo sotto un altro punto di vista. Io stesso penso di non essere molto politicamente corretto né nelle idee, né nei modi. Un noto blogger, Uriel, è specialista di questo stile al vetriolo e siccome la pensa molto diversamente da me sul 90% delle cose, nel leggerlo le occasioni per le autocritiche non mancano. Ultimamente, stante le condizioni internazionali con un nuovo picco di violenze in Medio Oriente che ce ne hanno ricordato l'esistenza, dopo l'assuefazione alla conta dei morti e degli attentati in Iraq, il suddetto blogger si è prodigato di commenti al riguardo. L'ultima novità, molto anni '80 (forse 180 d.C.) in fatto dei suoi commenti arguti si può riassumere in: il più forte vince. Ora tutti sanno chi è il più forte tra i Palestinesi e gli Israeliani e cosa succede a portare lo scontro sul piano delle armi. La conclusione è ovvia. È fuori di discussione che i filopalestinesi e forse i palestinesi stessi spesso sono vittime della mentalità del “vince chi ha ragione”, mentre è chiaro che in guerra vince il più forte. Da cui ne discendono aspre critiche (per usare un eufemismo) equamente ripartite tra Palestinesi e chi li sostiene. Invece no, caro blogger. L'obiettivo della guerra non è fare più morti ammazzati nel campo avversario, ma farne il più possibile fin quando il nemico non si arrende e ci concede quello che “gentilmente” gli era stato chiesto prima di entrare in guerra. Anche qui non dico nulla di nuovo, ma è più avanzato del pensiero precedente che vede nell'uso spropositato della forza da una parte e nella resa incondizionata dall'altra l'unica strada possibile. In certi casi basta resistere per vincere (questa non l'ho detta io, ma un generale israeliano) e chi ha ragione, fosse anche solo una convinzione nella sua testa, ha grande motivazione a resistere. Certo resistere sotto le bombe non è facile ed il supporto che la “comunità” dei filopalestinesi può effettivamente dare alla causa della liberazione della Palestina è nullo. Essere filopalestinesi negli ambienti di certa sinistra e anche di certa destra è elitario, una posa da intellettuale, tutti gli altri in generale tifano Israele, ma non si tratta di un contributo significativo né in termini economici, né in termini di lotta armata (figurarsi!), né nei termini che i filopalestinesi almeno si prefiggono, cioè di propaganda in Occidente. Purtroppo, basta vedere la sproporzione di mezzi di chi fa propaganda per Israele per capire che lì davvero non c'è battaglia. Tutti questi svantaggi e pseudo aiuti morali non cambiano lo stato di cose per i Palestinesi che sono abituati a vedersela da soli già da molto tempo. Del resto se non ti caghi in mano quando affronti un Merkava con pietre e armi da fuoco leggere, c'è poco che possa realmente spaventarti. Riconosco che resistere in guerra, di per sé non ha senso. Duemila anni fa, le truppe nemiche avrebbero imposto un ultimatum agli assediati e al rifiuto sarebbero entrate nella città dei resistenti avrebbero trucidato gli uomini, stuprato le donne, preso tutto ciò che era di valore e dato fuoco al resto. Così la città successiva sarebbe stata più malleabile. In quest'ottica Uriel avrebbe pienamente ragione: tutti coloro che incitano alla resistenza, da magari una comoda poltrona, stanno mandando al macello più persone [1].

Il bello è che non siamo in quell'epoca. Non siamo nemmeno nell'epoca ideale dove questi conflitti non sarebbero nemmeno nati, rimane il fatto che pure un esercito che gode dell'appoggio della stampa e delle televisioni del mondo Occidentale come l'IDF non può fare come gli pare. Ha calcato troppo la mano e la conta e la specie dei morti incominciano a causare i primi sgretolamenti nei simpatizzanti, quindi forse l'offensiva rallenterà un po'. Giusto per non svegliare troppo presto la sonnacchiosa ONU. Con questo non voglio dire che i Palestinesi vinceranno sicuramente, ma che non si possono dipingere come degli idioti che non sanno fare i propri conti, soprattutto sapendo che la posta in gioco è la loro pelle. Al contrario dimostrano di conoscere l'ambiente nel quale devono muoversi a livello diplomatico, internazionale, culturale e militare. Una resistenza di quel tipo non sarebbe concepibile se i media, anche i più plagiati dalla causa Israeliana, non riportassero gli episodi peggiori della guerra e dell'occupazione dando una cattiva immagine di Israele. Che questo risvegli qualche coscienza qui in Occidente è opinabile, ma non è detto che sia importante. Noi abbiamo una mentalità “occidentalocentrica” che ci fa credere che tutto ciò che è importante deve accadere qui. Purtroppo la maggior parte della popolazione mondiale non la pensa così e credo che pure il baricentro geopolitico del mondo si stia spostando, il che renderà ininfluente la nostra alta opinione di noi stessi. Fatto sta che il consenso pubblico in Occidente ancora conta qualcosa e nel resto del mondo, quello arabo in primis, hanno una visione ben diversa di ciò che sta accadendo a Gaza. Messa in questi termini la scelta di Hamas sembra meno imbecille e questa è chiaramente una dimostrazione di consapevolezza nella dirigenza Palestinese del contesto internazionale e di come una guerra asimmetrica va condotta. Che le cose stiano andando anche per questo verso ne è una dimostrazione la svolta presa nei commenti nei media mainstream, in cui tra i famosi miliziani di Hamas [2] regolarmente accoppati hanno incominciato a fare capolino le vittime innocenti per eccellenza: donne e bambini. Non intendo dire che questa è una strategia precisa di Hamas: lasciare che ammazzino dei bimbi per attrarre l'attenzione e fermare l'attacco, ma in una zona densamente popolata come Gaza la cosa ricade nel semplice orizzonte degli eventi. Semmai è un errore d'Israele credere di poter rimanere impuniti del tutto commettendo simili bestialità. A conti fatti, Hamas ha compiuto l'unica azione logica per quanto dolorosa. Primo chiariamo che Hamas non ha rotto la tregua, ha semplicemente trovato inutile reiterarla e quindi l'ha lasciata scadere. Il motivo è lapalissiano: nessuna delle sue controparti ha rispettato la tregua togliendo l'embargo a Gaza, che dura da due anni, e piantandola di condurre omicidi mirati (sappiamo bene quanto), il tutto mentre il lancio dei razzi Qassam da parte di Hamas è stato effettivamente azzerato nei sei mesi passati (vedere il grafico da fonte della difesa israeliana).
Se l'interlocutore è inaffidabile è inutile parlarci, anzi si rischia pure di far credere in giro per il mondo che si tratti di qualcuno con cui si può trattare. Ora almeno ha gettato la maschera. Inoltre va stabilito qual è l'obiettivo che Israele vuole perseguire anche militarmente. Molti credono, sempre per il giochetto dei tavoli di pace che non concludono mai niente, che Israele voglia appunto la Pace. Bisogna essere dei fessi per non capire, carta geografica alla mano, che Israele vuole i territori, tutti i territori, per sé e i Palestinesi fuori dai cosiddetti. Mi si può spiegare che ragionevole alternativa ci sia da apporre ad un piano politico del genere? Secondo quel blogger la tregua andava rinnovata, ma questo non avrebbe fermato l'attacco d'Israele che era già in preparazione da 6 mesi per la semplice ragione che un qualche casus belli, in una situazione tesa come quella in M.O ci scappa sempre e che lo scopo dell'attacco non è ammorbidire Hamas, ma nella più felice delle ipotesi, sfollare delle proprie abitazioni 1,5 milioni di persone. L'attacco era inevitabile, ergo era meglio cercare di organizzare una risposta per quanto flebile e rozza[3].

Le cose non stanno ovviamente volgendo per il meglio per i Palestinesi se si contano i morti, ma questo è un giudizio sin troppo facile sul breve termine e sin troppo miope sul lungo[4]. Come si evolverà il contesto internazionale è una variabile che nessuno conosce bene . È possibile che l'America, gran patrono di Israele, abbia tutte altre faccende di cui occuparsi per i prossimi 5 anni per uscire da una crisi che si profila nera, non solo in termini economici, ma anche in termini egemonici. Nel contempo altre potenze, con tutt'altre ambizioni e priorità che mantenere il M.O. all'attuale livello d'instabilità, potrebbero prendere il predominio. I Palestinesi, che sin dalla dissoluzione dell'Impero Ottomano cioè da quando si gioca al Grande Gioco, soffrono per le doppiezze e la cialtroneria Occidentale, hanno scelto di resistere. Nel loro piccolo, resistono. E non posso che avere rispetto per gente del genere.




[1] Questo non è un dato di fatto inoppugnabile, visto che si tratta di una proiezione e nessuno davvero sa quante vite costerà l'una o l'altra scelta soprattutto sul lungo termine.

[2] Basta essere un Palestinese maschio sopra i 16 anni per ricadere in questa categoria.

[3] Un'altra possibile ragione dell'offensiva potrebbe essere quella di colpire Hamas che è anche un'emanazione dell'Iran, in vista del famigerato attacco aereo da portare alle istallazioni nucleari. In questo caso l'operazione è volta a far fuori un nemico territorialmente interno, ma se fosse così ha ancora meno senso parlare di “rinnovo della tregua”!

[4] Per questo sarebbe meglio astenersi dal sarcasmo e dal cinismo troppo facili.

2 commenti:

  1. discutibile e confusa l'idea che hamas stia muovendosi nella guerra asimmetrica secondo un calcolo di fattori che non puo' controllare minimamente. fosse almeno che menzionassi qualche mass media favorevole alla palaestina che abbia introdotto nel mainstreaming quella parte di informazioni che abbiano fatto cambiare opinione, se ne potrebbe almeno discutere.

    implausibile anche la storia che hamas non voglia che si ammazzino moglie e bambini ma che sia una cosa di cui hanno tenuto conto: di fatto vivono tra i civili e viceversa. o c'e' una sostanziale identificazioine tra popolazione e capi di hamas, oppure c'e' una deliberata incoscienza. chiarisco: non sto dicendo che i morti sono a loro imputabibli, ma che la responsabilita' di portare tutto un popolo in guerra in ogni caso c'e'.

    Ipotesi: Esclusa la pulizia etnica, che farebbe perdere ogni consenso, se israele sta tentando una sostanziale sottomissione della popolazione palestinese, sino a renderla nient'altro che il ceto piu' basso della sua societa', le armi sono il modo peggiore per fermarsi in tempo.

    cio' che rimane e' l'insensatezza di tutto cio', di due dirigenze politiche, israeliana e palestinese, la cui unica prospettiva e' la guerra permanente.

    Leo 'narrow-minded'

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  2. Quello che volevo appunto sostenere è che non si può bollare i Palestinesi o Hamas d'essere delle teste di cazzo, perché si sono mossi seguendo una logica, anche se la logica è stata costruita per loro. La domanda è cosa puoi fare di diverso se sei chiuso in un posto con accessi completamente controllati, tratti da una posizione inferiore, l'altro si permette di infrangere il trattato e nessuno là fuori ti si fila più?
    Comunque qualcosa nel dibattito pubblico è entrato, si incomincia a parlare di uso indiscriminato della forza, di armi proibite, ecc... Questo sui media mainstream: tg1, tg2, tg5,la scorsa puntata di AnnoZero.

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